Dislessia, come riconoscerla. C’è un rischio di sovra-diagnosi?
Da alcuni anni alcune voci autorevoli hanno scritto e continuano a scrivere sulla dislessia per sollevare una questione. A loro avviso la dislessia sarebbe sovra-diagnosticata.
In parole semplici sarebbero etichettate come dislessia semplici ritardi nell’apprendimento della lettura, o addirittura problemi di natura psico-patologica o psico-sociale, come le difficoltà nelle relazioni genitori-figli, od anche quelle con gli insegnanti.
Tali problematiche sfocerebbero in diagnosi di dislessia o di altri DSA.
E’ stato insinuato che l’Associazione Italiana Dislessia ed i professionisti sfruttino questa situazione.
In breve, sarebbero sottoposti a trattamento bambini che in realtà non ne hanno bisogno.
Bambini che, ad avviso di questi esperti, sarebbero aiutati da trattamenti più noti come la psicoterapia, trattamenti pedagogici, logopedici o addirittura dalla terapia sistemico-familiare.
Come in tutte le vicende umane, la possibilità che qualcuno si approfitti della situazione è sempre possibile. Ma credo che raramente avvenga in questo caso, e vorrei spiegarvi perché.
Tengo a sottolineare subito che nella mia attività professionale non mi occupo solo di DSA, cosa facilmente verificabile visitando l’altro sito www.tomatisfirenze.it.
Penso quindi di avere una sufficiente imparzialità per poter esaminare serenamente la questione e per poter anche fornire qualche elemento oggettivo utile a chi legge, anche per poter comprendere meglio cos’è la dislessia.
Perché magari il lettore ne ha sentito parlare, ma non ha mai ascoltato leggere un bambino/a dislessico.
Consideriamo un paio di elementi importanti.
Secondo i criteri e le procedure stabilite dai maggiori esperti Italiani, riuniti nelle Consensus Conference (sono documenti consultabili da tutti) la dislessia vera e propria riguarda meno del 5% dei bambini, quindi meno di un bambino su venti.
In una classe scolastica abbiamo dunque uno o due bambini dislessici al massimo.
Qualche altro può avere una difficoltà di apprendimento, quindi magari è BES (bisogni educativi speciali) ma non DSA.
Più precisamente, il bambino esaminato deve essere insufficiente in più di una prova di lettura, e la sua prestazione, come velocità di lettura e come numero di errori, deve essere così scadente che 95 bambini su 100 fanno meglio.
Mi sembra quindi che difficilmente, usando correttamente i tests, si possa “pescare” chi non è dislessico!
Come legge un dislessico
Da notare inoltre, lasciando da parte i numeri, che il dislessico ha un modo di leggere caratteristico. Egli legge sillabando, in modo tutt’altro che fluido, senza nessuna espressività, commettendo numerosi errori o saltando le righe anche molto dopo aver terminato i primi due anni di scuola primaria.
Ma c’è di più. In fase diagnostica vanno escluse tutta una serie di condizioni che possono giustificare la dislessia.
Esse sono anzitutto il ritardo mentale, che ovviamente causerà una serie di altre prestazioni deficitarie.
In secondo luogo vanno considerati i deficit visivi ed uditivi. I secondi in particolare sono spesso sottostimati.
In terzo luogo abbiamo tutte quelle condizioni di mancata opportunità di apprendere, come le malattie, ma anche gli svantaggi linguistici (provenienza da altro Paese; soggiorno da pochi anni in Italia) ed i problemi sociali ed ambientali.
Mi sembra quindi che difficilmente si possa eccedere nelle diagnosi. Occorre però fare un distinguo.
La dislessia riguarda meno del 5% dei bambini; secondo vari studi, dal 3,2 al 4%.
Esiste però una quota variabile dal 10% al 20% di bambini che legge male, cioè troppo lentamente e/o con molti errori. Questi vanno considerati come affetti da un ritardo nell’ apprendimento, ma non dislessici.
Anche loro avrebbero diritto ad un trattamento specifico, che utilizza gli stessi strumenti diagnostici e riabilitativi da tempo usati per la dislessia.
E’ bene ricordare che il trattamento terapeutico condotto con la normale diligenza non può causare alcun danno.
Per terminare quest’articolo vorrei capovolgere la tesi iniziale. A mio avviso esiste invece un altro rischio, ben maggiore.
Quello che una parte di bambini DSA riceva un trattamento da parte di operatori non qualificati.
Mi spiego meglio. La diagnosi ed il trattamento della dislessia e degli altri DSA richiedono professionisti specializzati nel settore. Non è sufficiente quindi aver seguito un’ottima scuola di psicoterapia.
Lo sottolineo per chi non lo sapesse: uno psicoterapeuta non ha le conoscenze per fare il trattamento della dislessia e degli altri DSA, a meno che non abbia seguito una formazione specifica!
A volte succede che psicologi ed educatori con buone competenze, ma senza una formazione specifica nei DSA, abbiano affermato che il bambino/a con problemi di lettura, avesse bisogno di una psicoterapia o di un intervento pedagogico. Salvo poi accorgersi, dopo mesi di trattamento (e relativo esborso da parte della famiglia) che il bambino non era migliorato affatto!
Come ho detto in altro articolo: i problemi psicologici, interpersonali e ambientali o le relazioni familiari possono aggravare i DSA, ma non ne sono la causa. I DSA hanno una base neurobiologica, sulla quale i fattori appena citati possono avere un effetto di modulazione.
Essi richiedono tempo e pazienza per il loro trattamento.
I miglioramenti possono essere stabiliti, dopo almeno 3 o 4 mesi di trattamento specifico, solo per mezzo di tests specifici che misurano velocità di lettura e numero di errori. Altre valutazioni non sono attendibili.
Sono a disposizione per eventuali chiarimenti.